Una lunga scia di infortuni e incidenti sul lavoro, che vede la Puglia attestarsi come “una delle regioni con la più alta incidenza di infortuni e morti sul lavoro”. A evidenziarlo è la Cgil regionale, alla luce dei dati emersi dagli ultimi report dell’Inail. Nei primi sei mesi del 2023 – ricorda il sindacato – sono stati 13.610 gli infortuni denunciati, una media di 75 al giorno. A tutto luglio gli incidenti mortali sono stati 29, il 6,7% del totale dei casi in Italia. L’ultimo episodio quello registratosi domenica a Corato, dove ha perso la vita un piccolo imprenditore edile che era al lavoro con una ruspa.
“Nonostante l’Italia possa vantare una delle normative più avanzate in ambito europeo su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il DLGS 81, si impongono interventi che alzino i livelli di prevenzione e migliorino l’impianto legislativo alla luce delle innovazioni tecnologiche e organizzative. Soprattutto a fronte dei dati sugli infortuni che devono rappresentare, per tutti, una vera e propria emergenza politica e sociale da affrontare e risolvere. Come ha detto Landini basta con le parole, vogliamo i fatti”, afferma la segretaria generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci. “La salute e sicurezza sul lavoro è uno dei temi più importanti da affrontare per la Cgil, al centro della piattaforma rivendicativa che ci porterà a manifestare il prossimo 7 ottobre a Roma assieme a centinaia di associazioni di impegno sociale, civile e politico. Dal Governo pretendiamo risposte concrete a partire da una realtà nota”, sottolinea Bucci.
I dati infortunistici dell’Inail individuano i settori merceologici e quelli delle dimensioni di impresa più a rischio e nei quali avvengono il maggior numero di incidenti e si riscontrano il maggior numero di malattie di origine professionale. “La situazione peggiora proporzionalmente alla diminuzione della dimensione di impresa – ricorda la segretaria generale della Cgil Puglia -, ai bassi investimenti su salute e sicurezza, alla ridotta capacità organizzativa, alla irregolarità o illegalità, alla tipologia contrattuale degli occupati e quindi alla precarietà e ricattabilità, alla presenza o meno del sindacato in maniera strutturata. Per questo diciamo che anche il tema del precariato, della buona occupazione, sono dentro la vertenza sicurezza”. Le maggiori criticità si riscontrano ovviamente nel settore degli appalti e sub appalti, “dove spesso diventa fattore di concorrenza la compressione dei costi su salute e sicurezza. In tal senso la liberalizzazione dei subappalti a cascata decisa dal Governo Meloni non va nella direzione auspicata”.
Serve, per la Cgil, “un sistema di qualificazione delle imprese e anche della cosiddetta patente a punti, che pulisca il mercato degli appalti da imprese si sono già riscontrate violazioni delle norme e infortuni. Servono investimenti in formazione sui temi generali della sicurezza e inerenti alle mansioni svolte e i macchinari eventualmente utilizzati. Proponiamo completare l’unificazione delle varie banche dati di Inail, Inps, Asl, Inl per un coordinamento efficace della vigilanza. Così serve rinforzare gli organici oggi ridotti all’osso. L’idea di ispezioni concordate con i consulenti delle imprese oggetto di convenzioni del Ministero del Lavoro si giudica da sé, è una colossale presa in giro e un vulnus alla funzione che svolgono per legge gli istituti di controllo”.
“Le nostre proposte – conclude Bucci – sulla sicurezza e sugli altri temi, a partire da salari, pensioni e il contrasto alle povertà – sono al centro delle assemblee che svolgeremo tra settembre e ottobre per trasmettere consapevolezza ai lavoratori e alle lavoratrici anche a fronte delle misure di tutt’altro segno portate avanti da questo Governo. Ci vuole una grande dose di ipocrisia nel dire di voler affrontare il tema della sicurezza sul lavoro e dall’altro reintrodurre i voucher e liberalizzare i contratti a termine, rendendo chi lavora ulteriormente ricattabile rispetto all’esigibilità piena dei contratti e delle norme sulla prevenzione”.
Fonte: Bari Today