Un documento CIIP su stress e rischi psicosociali si sofferma anche sulla individuazione di misure correttive collettive e individuali adatte alla gestione dei nuovi fattori di rischio stress lavoro correlato. Focus sulla monotonia.
Il documento CIIP ricorda che, in linea generale, l’ Accordo europeo dell’8 ottobre 2004, relativo allo stress nei luoghi di lavoro, sottolinea come la prevenzione, l’eliminazione o la riduzione dei problemi di stress lavoro correlato “possano comportare l’adozione di interventi che si riferiscono alle fonti del rischio e possono includere: misure di gestione e di comunicazione, la formazione dei dirigenti e dei lavoratori e l’informazione e consultazione dei lavoratori”.
In particolare, una volta conclusa la parte di valutazione del rischio, “il percorso metodologico adottato prevede infatti l’identificazione degli interventi e delle azioni necessarie a correggere le criticità emerse ed a migliorare le condizioni di lavoro”.
Tenendo conto, come ricordato dagli autori, anche della diminuzione del benessere psico-fisico dovuto alle conseguenze dell’emergenza pandemica, è infatti importante che il focus del processo di gestione del rischio stress lavoro correlato si sposti “sul piano di azione”, senza “ridursi a un monitoraggio annuale e a una valutazione come spesso accade triennale”.
Ci dovrebbe, invece, essere “un impegno costante da parte del gruppo di gestione che progetta, realizza e valuta le azioni di intervento a intervalli regolari in base alle caratteristiche dell’azienda e all’esito dell’ultima valutazione effettuata”.
Tra l’altro – continua il documento – “sembra che nel nostro Paese siano in percentuale poche le aziende virtuose che adottino veri e propri piani di monitoraggio e azione e, quando li realizzano, l’enfasi è spesso posta sulle misure individuali (es. percorso formativi individuali sulla resilienza, sportelli di ascolto, counseling, coaching) o su misure collettive (formazione di team/reparti su soft skills quali ad esempio il team working o la gestione dei conflitti) piuttosto che sugli interventi primari di tipo organizzativo che spesso risultano i veri stressor riconosciuti dalla maggioranza dei lavoratori ma sui quali si ritiene spesso complesso o troppo rischioso intervenire”.
Si ricorda poi che delle possibili azioni correttive di tipo organizzativo fanno parte anche “gli interventi che consentono la gestione delle condizioni di disagio al lavoro e dei comportamenti prevaricatori o illeciti”.
In questo senso l’eventuale adozione di un codice etico o di comportamento potrebbe “facilitare l’identificazione di comportamenti non accettabili in azienda e responsabilizzare i dirigenti nella promozione ed applicazione delle procedure per contrastarli”.
Si indica poi che bisogna tener conto che spesso i piani intrapresi sono purtroppo “separati dalle altre azioni di management organizzativo dettati dal vertice aziendale”, quasi come se il rischio connesso allo stress lavoro correlato fosse “un ‘rischio’ specifico da gestire da parte del Servizio di Prevenzione e Protezione e non una ‘criticità’ di interesse dell’intero management aziendale”.
È invece importante “integrare i risultati della valutazione del rischio stress da lavoro correlato con gli esiti di altre analisi (es. indagini di clima, bilancio di genere, percorsi di carriera…), in capo ad altre funzioni aziendali, per poi lavorare in perfetta sincronia in termini di ruoli e di tempi per sviluppare piani di azione congiunti e coesi verso un unico obiettivo comune”.
In definitiva, le modifiche all’organizzazione aziendale, anche dovute alle problematiche pandemiche di questi ultimi anni, “necessitano della massima collaborazione e coesione di tutte le funzioni aziendali”.
Stress lavoro correlato: il carico mentale e la monotonia
Il documento indica poi che, in relazione alla individuazione di misure adatte alla gestione dei nuovi fattori di rischio stress lavoro correlato, oltre alle misure correttive collegate all’organizzazione e gestione del lavoro, “vanno considerati anche gli effetti del carico di lavoro mentale capaci di indurre:
- fatica mentale generalizzata,
- monotonia,
- ridotta vigilanza (con rischio di errori/incidenti),
- saturazione mentale (con rischio di disagio psichiatrico)”.
Riprendiamo dal documento alcuni suggerimenti per contrastare la monotonia.
Queste le indicazioni riportate:
- “favorire possibilità relazionali con collaboratori e superiori
- verificare l’adeguatezza delle pause di riposo
- ridurre la staticità di certe mansioni
- non concentrare l’attività lavorativa prevalentemente nelle ore pomeridiane e/o notturne
- rendere più ‘qualificanti’ le attività attraverso maggior varietà, allargamento o arricchimento dei compiti
- facilitare una comunicazione ‘fluida’ fra collaboratori
- favorire un livello di autonomia accettabile nella scelta del ritmo di lavoro (evitando tempi troppo imposti e ‘scanditi’)
- limitare gli effetti negativi del lavoro in turno”.
Si indica poi che laddove non fosse possibile “aggirare” progettualmente la monotonia, attraverso metodi tecnici e organizzativi, potrebbero essere meccanizzate o automatizzate le funzioni più ripetitive.
Fonte: puntosicuro.it