Il progetto Worklimate presenta un decalogo per la prevenzione delle patologie da calore nei luoghi di lavoro. Focus su riorganizzazione dei turni, aree ombreggiate, stato di acclimatazione, gestione delle emergenze e misure per ambienti chiusi.
Il progetto WORKLIMATE (Impatto dello stress termico ambientale sulla salute e produttività dei lavoratori: strategie di intervento e sviluppo di un sistema integrato di allerta meteo-climatica ed epidemiologica per vari ambiti occupazionali), come ricordato anche dal nostro giornale, ha permesso di sviluppare in questi due anni una importante attività di ricerca relativa all’approfondimento delle conoscenze sull’effetto delle condizioni di stress termico ambientale sui lavoratori.
Attraverso questo progetto – sviluppato in collaborazione fra INAIL, CNR – IBE, Azienda USL Toscana Centro, Azienda USL Toscana Sud Est, Dipartimento di Epidemiologia, Servizio Sanitario Regionale Lazio e Consorzio LaMMA – sono stati organizzati alcuni casi-studio in aziende del centro Italia, è stata svolta una indagine sulla percezione del rischio legata all’esposizione a temperature estreme e sono stati elaborati vari documenti e brochure informative, rivolti anche ai datori di lavoro, che possono essere molto utili per migliorare la prevenzione del rischio microclimatico.
Ci soffermiamo, in particolare, sulla brochure dal titolo “Decalogo per la prevenzione delle patologie da calore nei luoghi di lavoro – informativa per i datori di lavoro” che presenta delle “raccomandazioni mirate ad un’efficace pianificazione degli interventi aziendali in materia di prevenzione del rischio microclima, da adottare nell’ambito della specifica organizzazione del sistema di prevenzione aziendale” (ai sensi art. 2 comma 2 d.lgs. 81/2008).
La riorganizzazione dei turni e le aree ombreggiate per le pause
Il decalogo al punto 5 (Riorganizzazione dei turni di lavoro) ricorda che la modifica degli orari di lavoro “può ridurre l’esposizione dei lavoratori al calore”.
Si indica di consultare le previsioni di allerta e si rimanda ad una pagina del progetto che contiene un “prototipo di piattaforma previsionale di allerta per un primo screening dei rischi legati allo stress da caldo per i lavoratori”.
In particolare la riorganizzazione del lavoro riguarda:
- “la riprogrammazione delle attività che non sono prioritarie e che sono da condursi all’aperto in giorni con condizioni meteoclimatiche più favorevoli;
- la pianificazione delle attività che richiedono un maggiore sforzo fisico durante i momenti più freschi della giornata;
- l’alternanza dei turni tra i lavoratori in modo da minimizzare l’esposizione individuale al caldo o al sole diretto;
- l’interruzione del lavoro in casi estremi quando il rischio di patologie da calore è molto alto”.
Un altro aspetto importante (punto 6) è il rendere disponibili e accessibili aree ombreggiate per le pause.
Infatti per quanto possibile bisogna assicurare “la disponibilità di aree completamente ombreggiate o climatizzate per le pause e il raffreddamento”.
Non bisogna dimenticare che pianificare pause brevi ma frequenti in luoghi ombreggiati “non causa perdite di produttività, ma anzi, ci sono evidenze che in assenza di pause pianificate il ritmo di lavoro si rallenta e aumenta il rischio di errore umano”.
Le indicazioni:
- “si raccomanda, compatibilmente con l’attività lavorativa svolta, di utilizzare segnali acustici, messaggi audio, qualsiasi tipo di comunicazione efficace per ricordare ai lavoratori di effettuare pause al fresco per la reidratazione e il rinfrescamento;
- i pasti dovranno essere consumati sempre in aree ombreggiate (ove applicabile, si consiglia di fornire ai lavoratori pasti adeguati ricchi in frutta e verdura, evitando cibi ricchi di grassi e sale che rallentano la digestione e predispongono allo stress da caldo)”.
Lo stato di acclimatazione e il reciproco controllo dei lavoratori
Il punto 7 riguarda il “favorire l’acclimatazione dei lavoratori”.
Infatti l’acclimatazione “consiste in una serie di modificazioni fisiologiche che consentono all’organismo di tollerare la conduzione di mansioni lavorative in condizioni di esposizione a temperature elevate”. E si ottiene “aumentando gradualmente i carichi di lavoro e l’esposizione al calore dei lavoratori e favorendo l’effettuazione di frequenti pause per l’approvvigionamento di acqua e il riposo all’ombra”.
Si ricorda che sono necessari “dai 7 ai 14 giorni per raggiungere uno stato di acclimatazione (di più nel caso in cui il lavoratore stia assumendo determinati farmaci o sia affetto da patologie croniche)”.
Inoltre, in linea con quanto raccomandato dagli organismi internazionali per la protezione della salute occupazionale, “si consiglia che, in caso di ondata di calore i lavoratori neo-assunti e quelli che riprendono il lavoro dopo un’assenza prolungata inizino con il 20% del carico di lavoro il primo giorno e aumentino gradualmente il carico ogni giorno successivo; i lavoratori esperti dovrebbero iniziare il primo giorno al 50% del carico normale, e anch’essi aumentare gradualmente il carico nei giorni successivi”.
È poi importante “tenere presente che:
- l’acclimatazione si mantiene solo per alcuni giorni se si interrompe l’attività lavorativa
- i disturbi da caldo si verificano spesso durante i primi giorni di attività lavorativa e/o nei primi giorni di un’ondata di calore o in concomitanza con le prime esposizioni stagionali a temperature particolarmente elevate;
- particolare attenzione va prestata ai lavoratori neo-assunti, ovvero lavoratori giovani e in ottime condizioni di salute ma con meno esperienza lavorativa alle spalle”.
Il punto 8 è relativo, invece, alla realizzazione del“sistema del compagno”.
Infatti è utile promuovere il “reciproco controllo dei lavoratori soprattutto in momenti della giornata caratterizzati da temperature particolarmente elevate o, in generale, durante le ondate di calore. In caso di insorgenza di segni e sintomi di patologie da calore, un compagno vicino potrà chiamare il 118 (o il numero unico 112) e prestare il primo soccorso nel rispetto delle norme anti Covid-19, indicando il luogo esatto in cui vengono svolte le lavorazioni”.
La gestione delle emergenze e le misure specifiche per gli ambienti chiusi
Il decalogo si sofferma anche sulla gestione delle emergenze.
Nel punto 9 (Pianificazione e risposta alle emergenze)si indica che“prima dell’esposizione dei lavoratori al calore (all’aperto o al chiuso) è importante sviluppare con la collaborazione del medico competente e del responsabile della sicurezza un piano di sorveglianza per il monitoraggio dei segni e dei sintomi delle patologie da calore e di risposta alle emergenze, per favorire precocemente la diagnosi e il trattamento”.
Tale piano deve includere “informazioni su cosa fare quando qualcuno mostra i segni delle patologie da calore, come contattare i soccorsi, quali misure di primo soccorso attuare in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Tutti i lavoratori devono essere messi a conoscenza del piano e devono essere in grado di riconoscere i sintomi legati allo stress termico. I lavoratori che presentino l’insorgenza di patologie da calore devono cessare immediatamente di svolgere le attività che stavano svolgendo, rinfrescarsi bagnandosi con acqua fresca e bere acqua potabile”.
Si ricorda che “essere in stato confusionale può essere un segno di colpo di calore e richiede un’immediata assistenza medica. Nel trattamento di una grave malattia da calore, il raffreddamento è l’azione prioritaria da intraprendersi immediatamente, ed è indispensabile prevedere che venga sempre messa in atto all’insorgenza dei sintomi”.
Inoltre è da tenere “sempre presente che:
- “sentirsi male mentre si lavora al caldo è un serio segnale di allerta. Qualsiasi lavoratore che riferisca di sentirsi male durante il lavoro in condizioni di caldo corre il rischio dell’esaurimento da calore, situazione clinica che può rapidamente progredire in un colpo di calore se non trattata prontamente;
- il primo intervento di soccorso in caso di sospetto esaurimento da calore o colpo di calore comporta il raffreddamento del corpo il più rapidamente possibile, oltre al dare da bere acqua potabile o a somministrare soluzioni isotoniche di cloruro di sodio per ripristinare la perdita di sali.
- le persone con una grave malattia da calore non sempre sono in grado di riconoscere i rischi che stanno correndo. Se un lavoratore mostra segni di esaurimento da calore o colpo di calore, non deve essere mai lasciato solo fino a quando non arrivano i soccorsi”.
Infine il decalogo riporta (punto 10) alcune misure specifiche per i luoghi di lavoro in ambienti chiusi.
Si segnala che i luoghi di lavoro in ambienti chiusi “possono essere raffreddati con l’utilizzo del condizionatore o, in alternativa, se la temperatura dell’aria è inferiore alla temperatura media corporea (circa 35°C), del ventilatore. È importante ricordare che i ventilatori meccanici accelerano soltanto il movimento dell’aria ma non abbassano la temperatura ambientale. Il condizionatore va utilizzato in modo corretto”.
Si rimanda alla lettura di un opuscolo del Ministero della Salute dal titolo “ Come migliorare il microclima delle abitazioni durante l’estate”.
Altri metodi per abbassare la temperatura ambientale includono poi “l’utilizzo di schermi riflettenti per l’allontanamento del calore radiante e l’isolamento termico degli infissi. Se sono presenti macchinari/superfici calde si possono posizionare schermi protettivi fra il lavoratore e le sorgenti radianti eventualmente presenti (semplici superfici riflettenti o riflettenti ed assorbenti) e si può ridurre, laddove possibile, l’emissività della superficie calda della sorgente radiante rivestendola con del materiale isolante”.
Ricordiamo, in conclusione, che nel decalogo – a cura di Miriam Levi, Francesca de’ Donato, Manuela De Sario, Emanuele Crocetti, Andrea Bogi, Iole Pinto, Marco Morabito, Alessandro Messeri, Alessandro Marinaccio, Simona Del Ferraro, Tiziana Falcone, Vincenzo Molinaro e Michela Bonafede – i primi quattro punti riguardano:
- Designare una persona che sovrintenda al piano di sorveglianza per la prevenzione degli effetti dello stress da caldo sulla salute e sulla sicurezza e l’adeguata risposta
- Identificazione dei pericoli e valutazione del rischio
- Formazione
- Strategie di prevenzione e protezioni individuali per i lavoratori.
Fonte: Punto Sicuro